La mia prima esperienza in Arena con il balletto fu Giselle interpretata dalla Fracci. Allora si facevano 3 opere e un balletto, con grande scoramento del sovrintendente cui toccava allestire uno spettacolo che andava puntualmente disertato. Intendiamoci: tremila spettatori per un balletto sono un'enormità, ma per chi amministra l'Arena sono semplicemente ridicoli.
La Fracci era già considerata vecchia nell'87.
Non so perché, ma nell'ambiente del nostro teatro (parlo delle maestranze) non era molto benvoluta. Secondo mia sorella Gabri era una gran bestemmiatrice. Io ho seguito tutte le sue prove nella speranza di sentirla sacramentare ma, onestamente, non le ho mai sentito proferire il più piccolo degli improperi. Quello che mi stupiva invece, era vederla durante le prove. Perennemente intabarrata, si muoveva sul palco limitandosi a mimare i gesti che avrebbe fatto in scena. Lei non ballava, si spostava sculettando come una paperetta su e giù per l’enorme palcoscenico, parlottando da sola. Ogni tanto sollevando di un millimetro la gamba, quasi a ricordare che lì, all'attacco dei piatti, avrebbe dovuto toccare il cielo con un piede.
Che scarsa professionalità, che sicumera, pensavo La vedevo vecchia e ingobbita la Fracci e anch'io, con gran spirito di corpo, dicevo che era una patetica ex.
Finché non arrivò il giorno della prima.
Non assistetti allo spettacolo e al termine, come sempre, mi riunii agli altri per sgombrare il golfo mistico. L'orchestra lo stava abbandonando con la stessa gioia dei bimbi al suono della campanella l'ultima ora del sabato, ed io, facendomi largo tra la calca tra quei quarantaquattro gatti, fanatici amanti del balletto, in adorazione da sotto il palco, cominciai a impilare un po’ di cuscini.
Intanto cominciava la passerella dei ballerini, dall'ultima fila in avanti, pronti a raccogliere la paga a loro più gradita: gli applausi. Io li guardavo distrattamente, domandandomi come potessero non vergognarsi. Alla fine giunse il primo ballerino, poi toccò a Lei.
Ecco, io non so se accesero delle altre luci, probabilmente sì; sia come sia, il palco fu come irraggiato di luce, e, tra due ali di persone che all'improvviso non avevano più nulla di ridicolo, entrò Carla Fracci. Lei avanzava lentamente, con un passo aggraziato e nel contempo elastico. Avanzava diritta e con un portamento regale.
Fu allora e solo allora che la guardai in viso.
Era splendida, bellissima.
La luce dei suoi occhi, la piega della bocca, il modo in cui teneva il capo leggermente piegato d'un lato.
Ricordo che domandai a Ivo: "Chi è Giselle?".
"Una ragazza di diciott'anni" rispose lui comprendendo il senso profondo della mia domanda.
In cosa si era trasformata quella vecchia rinsecchita che vedevo mormorare sul palco le sere avanti?
Aveva subito una metamorfosi, non sto parlando di trucco, di make-up. Io ero a due metri da lei e dico solo che era un’altra persona.
Un incanto, una malia.
Da quell’istante non le staccai gli occhi di dosso finché non lasciò definitivamente i suoi fan, tra i quali, evidentemente, andavo annoverato anch’io. I compagni di lavoro dovettero capire il mio stato d'animo perché non protestarono per il mio mancato aiuto.
Fu quello il mio primo contatto con l'Arte nella sua forma superiore.
Fu in quel momento che capii perché la Fracci era considerata una Grande; non perché sapesse, semplicemente, fare al meglio qualcosa, ma perché in quello che faceva metteva un altro ingrediente magico e impalpabile che fa di un mestiere un’arte.
È questo processo di trasmutazione alchemica, credo, che fa la differenza e che non permette a tanti ottimi professionisti di essere considerati artisti.
La guardai ballare, la Fracci, da lì in avanti e, naturalmente, anche nei movimenti aveva la stessa leggerezza, la stessa grazia, la stessa freschezza. Perché era diventata Giselle, una ragazza di diciotto anni.
In fondo a Ponte Pietra c’è una torretta. Girava voce che ne fosse proprietaria proprio la Fracci. A me rimase sempre il dubbio si trattasse di una leggenda metropolitana. Un giorno, passando da lì, vidi che la stavano ristrutturando. Scorsi il cartellone della committenza ai lavori e alla voce proprietà lessi: Giselle srl.
Sì, era proprio sua.